Avvisi pubblicitari di negozi tifernati di materiale elettrico.

I primi elettricisti

[…] L’erogazione dell’energia elettrica a Città di Castello avvenne alla fine del 1905. Ma documentazione su di un elettricista non si ha prima del 1911-1912, quando il Comune pagò Nazzareno Trepiedi (1889-1968) per la riparazione dei fili dei campanelli elettrici municipali e per l’impianto della suoneria elettrica negli uffici. Ancora nel 1920 Trepiedi veniva incaricato, con un contratto a forfait, della “manutenzione ordinaria degli impianti elettrici nei locali di proprietà comunale”. Trepiedi a quell’epoca si presentava come “orologiaio, ottico ed elettricista”; la sua bottega era allora in “piazza di sotto”.
Negli anni della prima guerra mondiale si inserì nel settore Giovanni Brighigna. Con vistose reclame nei periodici locali, pubblicizzò il suo negozio per forniture di materiale elettrico, impianti di luce elettrica, riparazioni e montaggio di macchine elettriche, cinematografi, installazioni di parafulmini, telefoni, suonerie e ventilatori.
Un altro annuncio pubblicitario documenta nel 1919 l’esistenza della bottega dell’“elettricista-meccanico” Attilio Neri. Vi si legge: “Deposito di materiale per impianti elettrici e campanelli elettrici. Ferri da stiro. Fornelli economici elettrici. Lampade giapponesi. Lampade ½ watt. Trasformatori. Suonerie. Si eseguisce qualsiasi impianto d’illuminazione.” Tra il 1916 e il 1919, inoltre, il Comune affidò più volte la riparazione dei campanelli e l’impianto dell’illuminazione elettrica nelle scuole superiori a Luigi Ascani.
Quando Brighigna si dedicò alle autovetture, costituendo il Central Garage, il suo “negozio di elettricità” ebbe come continuatore Luciano Caldei (1883-1937). Già impiegato alla “Lapi”, Caldei avviò l’attività in via Mazzini, per poi trasferirsi in “piazza di sopra, al n. 2f dell’ex palazzo Vitelli all’Abbondanza. Oltre a tutte le forniture e servizi in campo elettrico – con la rappresentanza delle lampade Philips -, Caldei teneva macchine da cucire a mano e a pedale, macchine da scrivere e stufe Becchi. Per qualche tempo effettuò anche lavori di galvanoplastica, nichelatura e ramatura e, nei giorni di mercato, vendette su di un banco esterno al negozio i cordami prodotti dal funaio dei Frontoni. Benché proiettato più che altro in una dimensione commerciale, Caldei ebbe sempre alle sue dipendenze sui cinque operai per rispondere alle richieste di impianti e di riparazioni.
Il negozio di Caldei rimase nell’allora piazza Vitelli fino al 1937 circa; poi passò in corso Vittorio Emanuele n. 6c. Alla morte di Luciano, fu prima gestito dalla moglie Terzilia Boriosi, poi dai figli Arturo (n. 1911) e Rodolfo (1905-1973). I due fratelli dettero poi vita a due ditte separate: Arturo si trasferì al n. 1 di “piazza di sopra”, al pianterreno del palazzo Cappelletti; Rodolfo rimase in corso Vittorio Emanuele II.
Il laboratorio di Attilio Neri in corso Vittorio Emanuele II fu occupato da Quinto Dal Monte e dalla moglie Maria Ciriani. E sono proprio la “Caldei” e la “Dal Monte & Ciriani”, insieme al negozio di materiali elettrici di GioBatta Venturelli (in corso Vittorio Emanuele II n. 28°), le uniche ditte del settore che compaiono nel registro redatto dalla Camera di Commercio nel 1926. Ad esse, nella seconda metà degli anni ‘20 e negli anni ’30 si sarebbe affiancata quella di Remo Ascani, già operaio di Caldei e per un po’ in attività con Dal Monte. Nel 1926 Ascani (1901-1948) ebbe confermato l’incarico “della manutenzione degli impianti elettrici per luce e campanelli nella residenza municipale ed in tutti gli edifici nei quali tali impianti sono tenuti dal Comune”.
Prima della seconda guerra mondiale, si censivano in città i laboratori di elettricista di Terzilia Boriosi, vedova di Luciano Caldei, di Dal Monte e Ciriani, di Ascani e di Furio Fantini. Questo valente elettromeccanico, reduce da un lungo periodo di lavoro a Torino, si dedicava più che altro a “riparazioni e bobinaggi per macchine elettriche industriali e per automobili”. Di lui si parla nel capitolo sui fabbri e meccanici.
La bottega di Dal Monte, al n. 20 di corso Vittorio Emanuele II, fu rilevata, all’inizio degli anni ’50, da Floriano Zucchini e Vittorio Pei.

Gli estratti dal volume Artigianato e industria a Città di Castello tra ‘800 e ‘900 mancano delle note