Dario Guerrini
Lapide a ricordo della fucilazione dei tre giovani a Castelguelfo
Cimitero di Castelguelfo.

I fucilati di Castelguelfo e Caizingari

Nell’ambito del rastrellamento dell’Appennino umbro-marchigiano, la compagnia di ordine pubblico della Guardia Nazionale Repubblicana di stanza a Città di Castello e comandata dal ten. Edoardo Scotti si mosse in due direzioni: un reparto, guidato da Filippo Faro, si portò in direzione di Fraccano, lungo la strada per Apecchio; l’altro, con lo stesso Scotti, verso Montemaggiore, al confine del territorio tifernate con Pietralunga. Entrambe le sezioni, composte da un centinaio di militi della GNR, erano rafforzate da circa 150 membri delle SS italiane, al comando di ufficiali tedeschi.

Il rastrellamento nella zona di Fraccano non dette alcun esito. A poca distanza da Montemaggiore, invece, presso Perrubbio, la mattina del 10 maggio 1944 i nazi-fascisti sorpresero quattro giovani e due contadini che si nascondevano nel bosco: i cugini Giulio e Dario Guerrini, di 19 e 20 anni, entrambi impiegati, Candido Bellucci, impiegato ventenne, Adolfo Bartolini, pure lui di 20 anni, Ciro Renghi ed Eliseo (in alcuni documenti compare però il nome di Alfredo) Martinelli. Martinelli e Renghi, coloni rispettivamente di 40 e 30 anni di età, erano di Apecchio; gli altri risiedevano nel comune di Città di Castello.

Siccome non avevano armi, i rastrellati non furono fucilati sul posto, ma condotti alla sede del comando, posta proprio nella fattoria di Montemaggiore. Sottoposti a stringente interrogatorio, negarono ogni rapporto con i partigiani. In realtà, il Ruolino della Brigata Proletaria d’Urto San Faustino include nei propri ranghi i due Guerrini, Bartolini e Bellucci, datando la loro adesione a poco tempo prima, tra il 7 e il 15 aprile.

Per cercare di salvar loro la vita intervennero famigliari e conoscenti – i Guerrini avevano parenti proprio a Montemaggiore –, assicurando che i catturati si trovavano alla macchia esclusivamente per non rispondere alle chiamate dei bandi e che nulla avevano a che fare con la resistenza armata.

Il tenente alto-atesino Hans Tatoni, che condusse gli interrogatori insieme a Edoardo Scotti, si mostrò deciso a far fucilare tutti e sei. Appena due giorni prima, a Città di Castello, era stato tra i più risoluti nel volere l’esecuzione di Venanzio Gabriotti. Poi, per placare le rimostranze e le suppliche dei famigliari, promise che avrebbe disposto la loro deportazione in Germania. Addirittura consigliò al padre di Giulio Guerrini di reperire per il figlio scarpe e indumenti più adeguati alla permanenza in Germania.

Quando, pertanto, la mattina dell’11 maggio, quattro dei sei arrestati furono visti allontanarsi con i nazi-fascisti, non si ebbero brutti presagi. Lo stesso Dario Guerrini, che partì con un reparto diverso, disse alla sorella che gli avevano chiesto di fare da guida nel prosieguo del rastrellamento.

Il reparto più numeroso, al comando di Hans Tatoni, andò in direzione di Castelguelfo. Giunto nelle vicinanze, si frazionò in più gruppi per rastrellare la zona. Uno di essi si fermò con Giulio Guerrini, Candido Bellucci e Adolfo Bartolini presso il cimitero rurale e li fucilò a ridosso del muro perimetrale. Un fascista presente all’esecuzione avrebbe confessato a un commilitone che Guerrini gli rivolse queste parole: “Tu hai il coraggio di ammazzarmi mentre siamo andati a scuola assieme?”

Intanto l’altro reparto aveva raggiunto la zona di Confornano e Caizingari. I soldati si fermarono presso una casa colonica e si fecero aprire la cantina. Spararono sulle botti e si misero a bere il vino che sgorgava. Il contadino chiese perché non ne davano un po’ anche al giovane che era con loro. Si sentì rispondere che non sarebbe servito a niente, perché lo avrebbero ammazzato di lì a poco. Poi i nazi-fascisti condussero Dario Guerrini su una cimetta nei pressi e lo fucilarono.

Gli altri due rastrellati, Renghi e Martinelli, furono rilasciati quando le truppe impiegate nel rastrellamento abbandonarono Montemaggiore. Ma il Martinelli dovette arruolarsi nella GNR di Città di Castello.

Nel processo istruito nel dopoguerra per i fatti di Montemaggiore, il tribunale militare di Firenze non poté procedere contro l’ufficiale della GNR Edoardo Scotti, “perché rimasto ignoto”; non fu possibile rintracciare e perseguire nemmeno Hans Tatoni. Per quanto riguarda l’identità dei militi che eseguirono la fucilazione, il giudice non raccolse prove inconfutabili a carico di nessuno degli imputati.

 

Le vittime

Bartolini Adolfo, di Egisto, nato a Città di Castello il 30 luglio 1924, residente a Montemaggiore, celibe; partigiano dal 15 aprile 1944; fucilato dai fascisti l’11 maggio 1944 a Castelguelfo (Pietralunga).

Bellucci Candido, di Evaristo, nato a Urbania il 3 ottobre 1924, residente in loc. Casella (Città di Castello); impiegato, celibe; partigiano dal 15 aprile 1944; fucilato dai fascisti l’11 maggio 1944 a Castelguelfo (Pietralunga).

Guerrini Giulio, di Giuseppe, nato a Città di Castello il 17 marzo 1925, residente a Montemaggiore; partigiano dal 7 aprile 1944; fucilato dai fascisti a Castelguelfo (Pietralunga) l’11 maggio 1944.

Guerrini Dario, di Pasquale, nato il 24 febbraio 1924 a Città di Castello, dove risiedeva; contabile; partigiano dal 15 aprile; fucilato dai fascisti a Caizingari (Pietralunga) l’11 maggio 1944.

 

Per il testo integrale, con le note e i riferimenti iconografici, si veda il mio volume Guerra e Resistenza nell’Alta Valle del Tevere 1943-1944, Petruzzi Editore, 2016.

Giulio Guerrini
Candido Bellucci
Adolfo Bartolini
Luogo della fucilazione di Dario Guerrini.