Il numero unico stampato dai democratii tifernati dopo la caduta di Mussolini.

Dall’arresto di Mussolini all’armistizio

La notizia dell’arresto di Mussolini lasciò frastornati i fascisti tifernati, che assistettero impotenti alla riorganizzazione di oppositori che forse credevano definitivamente annichiliti. Dopo che il podestà Amedeo Corsi si era affrettato ad assicurare la fedeltà della città a Pietro Badoglio, dichiarandosi “interprete del giubilo popolare”(“La Nazione”, 26 luglio 1943), si formarono i primi nuclei dei partiti socialista, comunista, repubblicano, democratico-cristiano e liberale. Non vi furono rappresaglie contro i fascisti. In ciò concordano le testimonianze di personalità di opposte opinioni politiche, come Giulio Pierangeli e Orazio Puletti.
Il risveglio dello schieramento democratico vedeva in prima linea Venanzio Gabriotti, che ebbe l’incarico di dirigere il comitato di assistenza per la popolazione e gli sfollati, e Giulio Pierangeli. Furono questi due personaggi a promuovere “Rinascita”, il primo giornaletto liberamente stampato dopo tanti anni di dittatura: ma il suo sequestro rivelò che i tempi erano ancora tutt’altro che maturi.
Gabriotti, in un suo carteggio con altri democratici umbri, sottolineò le difficoltà di quel momento di transizione: “non è facile arrivare a tutte le istituzioni capillari nelle quali il fascismo si è infeudato”; “tener presente che i fascisti ancora hanno le armi, che parlano di rivincita e che si adunano spesso con aria spavalda”; e ancora: “gli altri stanno sempre all’erta e sperano in un ritorno al passato”. A Città di Castello, però, i rapporti politici sembravano contrassegnati da una certa moderazione. Gli stessi antifascisti chiesero la conferma del podestà Corsi. Inoltre, in un incontro tenuto in comune alcuni giorni dopo l’annuncio dell’armistizio, 36 autorevoli personalità cittadine di ogni schieramento politico concordarono di dare prova di civiltà, rinunciando a propositi di rappresaglia nel “rispetto assoluto della personalità e della dignità umana”. Sottoscrissero il documento, oltre a Corsi, gli ex segretari politici Vincenzo Paolieri, Michelangelo Riccardini, Fausto Desideri e colui che sarebbe stato l’ultimo gerarca del fascismo tifernate, Orazio Puletti.
Ma proprio quel 13 settembre i tedeschi occuparono la provincia; il giorno prima avevano liberato Benito Mussolini. Agli antifascisti non restò che cessare ogni attività o darsi alla clandestinità.