Il Teatro degli Accademici Illuminati.
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Cori per le opere

Una nuova stagione di intensa produzione culturale parve delinearsi nell’estate del 1914, nonostante i venti di guerra che già soffiavano sul resto d’Europa. Il sipario del Teatro degli Illuminati si aprì sul “Mefistofele” di Arrigo Boito. Si trattò di un’opera di grande difficoltà ma di notevoli soddisfazioni per i musicisti di Città di Castello: Ajace Borelli, insegnante di strumenti a corda alla scuola comunale, diresse “con scrupoloso impegno e coscienza” un’orchestra di 60 elementi, in gran parte forestieri; Arcaleni istruì “con solerti cure” il coro, anch’esso di 60 cantori: “…vinte le inevitabili incertezze delle prime sere” – scrissero i severi critici tifernati – “cantano ottimamente per voci e intonazione”. Anche in quella occasione dei treni speciali convogliarono il pubblico da tutte le stazioni della linea Arezzo-Fossato di Vico.
L’entusiasmo per il successo del “Mefistofele” fu tale che un gruppo di giovani accademici si assunse l’onere di allestire altri due impegnativi spettacoli per il mese di ottobre: “Il Barbiere di Siviglia” di Rossini e “La Sonnambula” di Bellini. L’incarico di dirigere l’orchestra fu affidato al maestro tifernate Giuseppe Baldeschi, al suo esordio. Quanto al coro, il gruppo formato da Arcaleni si dimostrava compatto ed affidabile, tanto che, riunitosi in quegli intensi giorni all’Albergo del Gallo, manifestò l’intenzione di ricostituire la Corale “Giuseppe Verdi”. La città si mobilitò e per un po’ parvero placarsi le durezze ideologiche e le rivalità personali che ne rendevano particolarmente rissosa la vita politica. Il periodico socialista “La Rivendicazione” si associò al comune plauso per l’iniziativa (“la nostra Tiferno è vantata per città musicale”, pur chiedendo alla borghesia di darsi da fare anche per procurare lavoro agli operai.
Le due opere suscitarono unanimi consensi. Piacquero i cori “istruiti con cura e passione” da Arcaleni e un applauso “spontaneo ed entusiastico” premiò la direzione di Giuseppe Baldeschi, definito “una rivelazione”: “Non esageriamo dicendo che il giovane maestro ha con successo e vittoriosamente superata la prima prova della sua carriera artistica”. Fu una coinvolgente esperienza popolare; i socialisti ebbero facile gioco nel mettere alla berlina quella borghesia che “se ne infischiava dell’arte, della musica, del teatro”: “I fatti ci danno ragione. La borghesia locale, che vuol passare per intelligente e colta, diserta gli spettacoli e i palchi restano chiusi.”
Sulla scia dell’entusiasmo, i coristi si ritrovarono il 22 novembre a Trestina e, insieme ad Arcaleni e a Baldeschi, dichiararono ricostituita la Società Corale “Giuseppe Verdi”.

L’estratto manca delle note presenti nel testo Roberto Arcaleni “il Maestrino” (Scuola Grafica dell’IPSIA, 1995).