Ragazzi dei Circoli Nova Juventus di Città di Castello e di Gubbio (1906).

Con il Circolo Nova Juventus

In quei primi anni del secolo, altri avvenimenti contribuirono a delineare la personalità artistica di Arcaleni. Significativo fu il suo incontro con don Enrico Giovagnoli, il giovane sacerdote che promosse il circolo Nova Juventus e fece di Città di Castello il centro di un innovativo movimento religioso diffusosi in diverse regioni italiane. Giovagnoli volle scuotere dall’apatia una Chiesa da lungo tempo incapace di aggregare con efficacia ed entusiasmo le nuove generazioni. I suoi circoli ambivano a diventare momenti essenziali di crescita religiosa e culturale dei giovani, favorendo in loro anche una maturazione politica che doveva comunque salvaguardarne la libertà di scelta degli strumenti attraverso i quali operare per il bene della società. Per chiamare a sé i fanciulli, Giovagnoli adottò un approccio assai moderno, affiancando ad un capillare insegnamento spirituale una metodica attività culturale e ricreativa. Tanto coraggio inevitabilmente suscitò paure in ambito ecclesiastico, dove lo accusarono di modernismo, e gelosie nel mondo della sinistra, quasi incredula del successo che il sacerdote riscuoteva tra i giovani.
Giovagnoli trovò in Roberto un collaboratore prezioso. Già nei primi mesi del 1905 lo chiamò alla guida della Schola Cantorum del circolo. I suoi fanciulli eseguirono brani degli autori più in voga all’epoca, ma sin d’allora si manifestò la sua vena creativa: musicò inni sacri e compose brani di carattere religioso ed accompagnamenti musicali per pezzi teatrali recitati dai soci. Le cronache dell’epoca ormai si riferivano a lui come al “giovane maestro”.
L’entusiasmo innovatore di Nova Juventus abbracciò anche l’esperienza musicale legata alla liturgia. La Schola Cantorum di Giovagnoli ed Arcaleni eseguì spesso le composizioni di don Lorenzo Perosi, l’autore che più di ogni altro, dalla fine dell”800, stava stimolando l’interesse del pubblico e dei musicisti per la riforma della musica sacra, riconferendogli una propria dignità religiosa e poetica. Il periodico del circolo, “Gioventù Nova”, sottolineò le difficoltà e i primi successi in tale direzione: “Benché questo genere di melodia strettamente liturgica non sia sempre ovunque messo in pratica, nonostante i richiami fatti anche da mons. Vescovo nella sua Pastorale, pure incontra le comuni simpatie.” Il giornale lodò Roberto, allora decisamente schierato a favore del rinnovamento; le sue composizioni, scrisse, “per il loro carattere strettamente liturgico, fanno davvero onore al giovane maestro, che abbandonando la vecchia musica, ha compreso quanto di bello sia contenuto nella riforma del canto ecclesiastico”. In quel 1906, il periodico di Giovagnoli tornò più volte sull’argomento, soddisfatto per come la riforma del canto sacro facesse progressi in città, anche grazie all'”amoroso” impegno di Arcaleni.
Quando, nell’estate di due anni dopo, su Nova Juventus avrebbero cominciato ad abbattersi gli strali dei settori più conservatori del mondo ecclesiastico, Arcaleni continuava ad arricchire il proprio repertorio di opere di Perosi e veniva ancora salutato come colui che, “con costanza e coraggio, si è fatto strenuo difensore del nuovo genere musicale”. Del suo fervido attivismo ne avevano beneficiato anche le altre iniziative culturali del circolo giovanile: sue composizioni erano infatti le romanze e i brani musicali per le recite del gruppo filodrammatico, come nelle vaudeville “Il Principe Spazzacamino” e “L’oca di Mastro Simpliciano”.
Nel febbraio del 1906, proprio nel pieno della sua collaborazione con Giovagnoli, gli era giunta la nomina a “Maestro di Cappella della Cattedrale Basilica” di Città di Castello: “Il R.ssimo Capitolo” – scrisse il canonico Sem Ricci, segretario capitolare – “nel conferirvi detta nomina, ha avuto in mira le vostre disposizioni musicali, con l’intento benevolo di darvi il suo incoraggiamento. Attende da voi corrispondenza per il miglior disimpegno possibile”. Il “maestrino” non li avrebbe delusi: ben cinque vescovi, per lunghi decenni, ne avrebbero apprezzato il talento all’organo.
L’estratto manca delle note presenti nel testo Roberto Arcaleni “il Maestrino” (Scuola Grafica dell’IPSIA, 1995).