I filodrammatici tifernati a metà degli anni ’20.

Cinema e filodrammatica

L'”Aida” lasciò una traccia indelebile nell’animo di quanti ne vissero le rappresentazioni. La vita culturale cittadina riprese con vigore, nonostante le acute e drammatiche tensioni politiche che, nel 1921, videro i fascisti prendere in mano le redini del potere brutalmente, con azioni squadriste, in tutta la valle. Le fila dei socialisti, assai numerosi tra musicisti e filodrammatici, furono in poco tempo sbaragliate, ma sin da quei primi momenti si intuì che l’associazionismo culturale avrebbe potuto ben fungere da rifugio per chi non condivideva il nascente regime.
In quell’anno si susseguirono al Teatro degli Illuminati rappresentazioni di “Fedora”, di “Don Pasquale” e di “Rigoletto”. Tanto era il desiderio di lirica che alcuni facoltosi commercianti, rilevando la gestione del “Bonazzi” – ribattezzato nazionalisticamente Teatro La Vittoria -, chiesero al Comune contributi finanziari per ospitare altre opere. Intanto i filodrammatici preparavano la rinascita della loro Accademia.
L’apertura di un nuovo moderno locale, il Cinema Eden, offrì all’instancabile Arcaleni un’ulteriore possibilità di lavoro. “Le films” – come si chiamavano allora – mancavano di colonna sonora e necessitavano almeno di un qualche accompagnamento musicale per attrarre gli spettatori. Roberto mise subito in piedi un’orchestrina d’occasione. I tifernati cominciarono ad affollare quel cinematografo che proponeva di continuo “films drammatiche e d’avventura”, i primi attesissimi colossal, come “Theodora” e “Atlantide”, melodrammi ed opere patriottiche. E l’orchestra di Arcaleni era sempre lì, a contribuire al successo dell'”Eden”, il cui nome formava ormai un binomio inscindibile con quello del “maestrino”.
Quando, alla fine del 1922, si ripresentò in gran spolvero anche l’Accademia Filodrammatica Tifernate, l’operetta “La Gran Via” mostrò la compattezza e la versatilità di un folto gruppo di appassionati destinati a garantire un’attività teatrale pressoché costante per tutto il Ventennio. Ogni qualvolta si sarebbe trattato di mettere in scena uno spettacolo di carattere musicale, sarebbe stato sempre Arcaleni ad arrangiare i pezzi, a guidare orchestra e canto, a comporre i brani necessari. Di tal genere fu il suo contributo a “La Gran Via”, dove ebbe la soddisfazione di dirigere al piano una delle sue prime e più care allieve, la nipote Bohème.
L’estratto manca delle note presenti nel testo Roberto Arcaleni “il Maestrino” (Scuola Grafica dell’IPSIA, 1995).