Stelio Pierangeli, avvocato della Fattoria, e, a destra, il presidente Amedeo Corsi.
Due immagini di una piantagione di tabacco sub-tropicale sotto garza a nord di Città di Castello (1964).

Azienda e relazioni politiche e sindacali

 

La Fattoria raggiungeva dunque il suo 60° anno di attività avendo posto le basi per un significativo rinnovamento e ampliamento dell’attività. Iniziati in modo turbolento, gli anni ’60 avevano visto mutare pelle non solo all’azienda, ma all’intera società locale, che viveva un tumultuoso processo di esodo dalle campagne e di inurbamento e un ancora difficile ma promettente sviluppo industriale. In un’epoca di cambiamenti così radicali, la Fattoria ebbe una energica guida nel presidente Corsi e nel direttore Donadoni. Un vertice che continuò a disdegnare le relazioni sindacali, rispettando i contratti di lavoro nazionali ma tenendo a debita distanza le organizzazioni sindacali locali e le forze politiche che osavano criticare, o semplicemente discutere, le scelte aziendali. Sinceramente preoccupato per le sorti delle sue maestranze, volle mantenerne saldamente il controllo, con un rapporto diretto che escludeva mediazioni sindacali. Più volte ebbe modo di vantare che, mentre altrove ci si asteneva dal lavoro, alla Fattoria lo sciopero era “praticamente fallito” o addirittura non non si era perduta “neppure un’ora di sciopero”. Quando nel 1964 la CGIL chiese l’attuazione delle norme della nuova legge sui contratti agrari, la Fattoria accolse di corrispondere il 58% direttamente ai mezzadri e confermò che le operazioni di perizia fossero svolte in contraddittorio con il loro perito, ma continuò a respingere la loro richiesta di partecipazione agli utili della fase industriale. Anche un incontro con l’amministrazione comunale di centro-sinistra venne accettato nel 1965 per meri “motivi di opportunità”; e quando Donadoni si sentì chiedere la riassunzione di alcuni operai non richiamati, rivendicò “la sua più ampia libertà di azione” in tale campo. Gli animi si stemperarono verso la fine del decennio e dovette certo apparire inconsueto alla delegazione di CGIL, CISL e UIL il riconoscimento da parte di Donadoni della validità delle loro argomentazioni a favore dell’incremento del compenso di infilzatura per i coltivatori e addirittura l’intento di garantire anche ai mezzadri la partecipazione alla gestione delle Unità di Servizio.